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Conosciamo i cinque Beati Martiri "propagandisti", vittime della persecuzione comunista in Albania...

Collegio Urbano De Propaganda Fide - Conosciamo i cinque Beati Martiri "propagandisti", vittime della persecuzione comunista in Albania...

2. Beato Anton Muzaj (alunno dal 1938 al 1944)


 PCU  Storia

I martiri in odium fidei del periodo comunista sono tanti, ma 38 di questi sono stati beatificati il 5 novembre 2016 da Papa Francesco e, tra loro, cinque sono ex-alunni del nostro Collegio Urbano. I beati Dedë Maçaj, Anton Muzaj, Pjetër Çuni, Dedë Malaj ed Ejëll Deda, per volere dei loro Vescovi, furono mandati nel Seminario di Propaganda fide per la loro formazione in vista del sacerdozio e alcuni di loro furono anche ordinati presbiteri nella nostra Cappella Maggiore. Conosciamo, una alla volta, le loro vite e le loro storie di martirio, per godere anche noi, “propagandisti” come loro, della loro fraterna intercessione e imparare il coraggio della fedeltà al Vangelo e alla Chiesa.

Beato Anton Muzaj (alunno dal 1938 al 1944)


«Nasce il 12 maggio 1921 nel Kosovo. Consacrato sacerdote a Roma il 19 marzo 1944 [nella Cappella Maggiore del Pontificio Collegio Urbano “de Propaganda Fide”]. Era amabile, non era capace di prendere posizioni di scontro con alcuno. Mite per natura, devoto, zelante, pio e umile, gentile nei modi e nel parlare, sereno nel viso. Si interessava solo di Vangelo. La madre fu la sua prima maestra che lo educò alla fede e al sacrificio. Gli fu sconsigliato di rientrare in Albania; non ci furono ragioni, volle rientrare per poter lavorare per Cristo. Arrestato il 20 maggio 1947 con l’accusa di essere spia del Vaticano. Al regime interessava colpire un semplice ed innocente prete per terrorizzare la massa. In carcere si sentivano l’orrore delle sue grida. Lo lasciarono per 15 giorni in piedi fino allo svenimento, poi lo bagnavano con acqua fredda e lo torturavano, lo lasciavano in mezzo alla corrente nel corridoio proprio per farlo ammalare di tubercolosi. Anche nel carcere ebbe un comportamento dignitoso. Non riusciva neppure a camminare, lo tennero chiuso nel bagno e lì gridava giorno e notte: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Viva Cristo Re”. Non resse alle atroci torture subite. Morì a 27 anni nella primavera del 1948, in una stanza dell’episcopio. Sepolto nel cimitero cattolico di Scutari».

(da La vittoria della fede. Breve biografia dei 38 Martiri d’Albania del Ventesimo Secolo, Arcidiocesi di Scutari-Pult, Albania, 2019, p. 26).

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